Venerdì, 11 Marzo 2011 00:31

L'alleanza tra Berlusconi e la Chiesa

Scritto da  Gerardo

Ma è questa la chiesa espressione del vangelo? Credo che tutto spinge a prenderne le distanze, in attesa di una prossima Pentecoste. Preferisco tacere e invitare a leggere il prezioso scritto di Marco Politi. Che ringraziamo.




L'alleanza terapeutica tra Berlusconi e la Chiesa
di Marco Politi
in “il Fatto Quotidiano” dell'8 marzo 2011

La legge sul testamento biologico da ieri in Parlamento non rappresenta lo sforzo di dare una risposta civile ed eticamente responsabile ad un problema delicato. Fotografa, invece, perfettamente la visione commerciale di Berlusconi. Diecimila euro per mantenere buone le squinzie dello staff postribolare di Arcore. Un baciamano a Gheddafi per fare affari con lui. La promessa di un bonusscuola per ammansire l’episcopato. Il “sondino di stato” per accontentare il Vaticano.
Anche personalità generalmente favorevoli alle istanze della Chiesa come Ferrara e Galli della Loggia respingono la rozzezza di un progetto, che disprezza la volontà del malato. Ma i vertici ecclesiastici, in nome dei “principi non negoziabili”, vogliono l’alimentazione e la nutrizione obbligatoria. Fiat lex, pereat mundus. Si faccia la legge a scapito dell’umanità.
Gli italiani a suo tempo si sono schierati dalla parte di Beppino Englaro, basta riguardare i sondaggi dell’epoca. Un’inchiesta dell’Ordine dei medici (Fnomceo) del 2007 ha rilevato che il 64 per cento di loro concorda sul rispetto della volontà del malato, che non vuole attuare o chiede di interrompere i trattamenti di sostegno vitale.
La società civile si è già pronunciata. Berlusconi se ne infischia poiché vuole pagare questo prezzo al Vaticano. Ruby val bene la sorte di sofferenti anonimi.
Ma nella società mediatica il pensiero totalitario, che non ammette pluralità di opzioni etiche, deve per forza manipolare le parole per creare una parvenza di consensi. Dunque si dice che il coma vegetativo persistente (non stiamo parlando di tre mesi, ma di dieci anni) è una “grave disabilità”. La parola si smercia facilmente, evoca un portatore di handicap che i cattivi vorrebbero sopprimere. Non è questa la posta in gioco. La Dichiarazione anticipata di trattamento (Dat) riguarda chi si trova persistentemente privo di conoscenza, impossibilitato a riprendere coscienza e a recuperare una vita relazionale. Nessuno vuole sopprimere nessuno. Ma il cittadino ha il diritto sancito dalla Costituzione di decidere in autonomia se continuare o meno cure, che non cambieranno la sua sorte e si configurano come accanimento terapeutico ad oltranza.
La seconda falsità in circolazione è di far credere che una vera legge sul biotestamento potrebbe stabilire se certe vite sono “degne o non degne” di essere vissute. Hanno usato l’argomento le lobby delle assicurazioni private in America per sabotare il progetto di sanità pubblica di Obama. Il che dimostra quanto sia cinico e menzognero l’argomento. Ogni vita, infatti, è degna di essere vissuta.
Ma ogni uomo e ogni donna hanno il diritto di scegliere se prolungare artificialmente una vita vegetativa (o un’esistenza inesorabilmente votata al soffocamento come quella di Welby) oppure accettare il corso della natura.
Il filosofo cattolico Giovanni Reale ha confutato una volta per tutte le falsità di chi agita lo spettro dell’eutanasia per impedire l’autodeterminazione. “Un conto è darsi la morte – ha dichiarato durante le polemiche sul caso Englaro – e un conto è lasciare che arrivi la morte”.
Ma poiché questo è un ragionamento comprensibile e condiviso dalla maggioranza degli italiani, ecco che i fautori della vita forzata scendono in campo con lo slogan dell’obbligatorietà dell’alimentazione e idratazione in quanto “sostegni vitali”. Elemento vitale è anche il sangue, eppure nessuno si sogna di obbligare un cittadino a fare una trasfusione se va contro i suoi principi o le sue scelte. Milioni di nostri nonni e nonne, cattolici e no, sono spirati per secoli serenamente, sussurrando ai loro congiunti di non forzarli più a mangi
are e nessuno si è sognato di nutrirli con l’imbuto. Perché la vera minaccia è che una “civiltà tecnologica totalizzante voglia sostituirsi alla natura” (Giovanni Reale) oppure che – più umanamente – medici terrorizzati da cause di un qualsiasi parente o erede intubino per mettersi al sicuro e si rifiutino di disporre altrimenti.
L’ultima manipolazione delle parole, messa in campo da chi esalta la Vita ma non si occupa mai della “vita durante” (le famiglie in difficoltà, i giovani precarizzati in eterno, i cittadini in azienda privati del diritto di scegliersi un delegato: vedi modello Marchionne osannato dal ministro Sacconi) è l’invocazione dell’ “alleanza terapeutica”. Parola bellissima, che vale tuttavia quando medico e paziente decidono d’amore e d’accordo cosa fare e il paziente non è mai obbligato a sottoporsi ad un’operazione o un trattamento medico o a continuarlo senza limiti.
Qui, invece, nella Santa Alleanza creatasi tra Papi e l’istituzione ecclesiastica, “alleanza terapeutica” vuol dire che il medico può fare l’opposto di quello che ha disposto il malato o chiede il suo fiduciario.
La cura forzata è inquietante come la morte. Nel 2008 la Fondazione Don Gnocchi ha scritto che il “non rinunciare in alcun caso all’idratazione-nutrizione artificiale può rientrare nell’accanimento terapeutico da abuso di tecnica”. Di questo bisognerebbe parlare.

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